MONTE CORCHIA
L'Antro del Corchia,
Incastonato tra le Alpi Apuane dell'Alta Versilia è il più
grande sistema carsico italiano e uno tra i maggiori in Europa, oltre
che la terza grotta più profonda dello Stivale. I turisti possono
visitare 1 km di percorso, completamente attrezzato ed illuminato, con
andamento pressoché orizzontale addentrandosi alla scoperta di
un mondo segreto fatto di concrezioni, cunicoli, fascino e suggestione.
In una località chiamata "Inferno" si aprono molte
grotte, una delle quali si chiama "l'antro del Diavolo", perché
sul soffitto si trovano due fori che la leggenda dice siano l'impronta
delle sue corna.
In un'altra caverna, conosciuta come la "Tana dell'omo Selvatico",
si trova un enorme cavallo "stampato" su una concrezione calcarea
con lo sguardo fisso in un punto della grotta. La leggenda dice che
chi riesce a identificare il punto esatto in cui il cavallo guarda ,
troverà un lapislazzulo ed un filone d'oro. Altri invece sostengono
che il cavallo sia un animale messo a guardia di un tesoro nascosto
e che si svegli appena qualcuno riesce a trovare il prezioso bottino
Antro
del Corchia- Nel cuore della Versilia c'è una "Montagna
vuota"...un "amore di montagna"
La sua mascotte è il Gracchio corallino, il corvide che si distingue
per l'inconfondibile colore rosso delle zampe e del becco, già
noto simbolo del Parco delle Alpi Apuane. Il suo logo è un segno
rapido di pennello, a forma di cuore, che attinge qua e là dai
colori della natura per evocare a colpo d'occhio l'emozione inattesa
della scoperta di un ambiente prezioso, nascosto dentro le viscere di
una montagna unica, fiera, e selvaggia che si erge maestosa in Alta
Versilia a pochi chilometri dal mare, sprofondando fino al centro della
terra.
Eccolo l'Antro del Corchia, 70 chilometri di gallerie e pozzi che lo
rendono il più grande sistema carsico italiano e uno tra i maggiori
in Europa: una grotta visitabile dal pubblico grazie alla realizzazione
di un percorso completamente attrezzato e illuminato che con andamento
pressoché orizzontale si snoda lungo un chilometro nelle viscere
della terra. Una grotta che deve la sua singolarità al rapido
susseguirsi di ambienti dalle forme e dai colori più diversi
e inaspettati: qui, addentrandosi nelle pieghe della montagna, con estrema
facilità si passa dalle ombre cinesi dello scabro paesaggio annerito
dalla fuliggine del biossido di manganese al ridondante trionfo delle
forme barocche immillate dalle fulgide tonalità del carbonato
di calcio. In mezzo, tutta una varietà di gradazioni: il cemento
viola scuro delle brecce di Seravezza, le striature delle concrezioni
che vanno dal rosso ruggine, al bianco fino al bruno per arrivare alla
suggestiva alternanza di strati colorati di cui sono intessuti i ventagli
di calcite, le trine e i drappeggi della galleria delle stalattiti:
luogo sublime dove tutto sembra dar credito all'antica leggenda apuana
che vuole il marmo generato dalla luce salvifica di Dio che diffondendosi
per tutta la montagna, pietrificandosi diede origine alle lattiginose
pareti dei monti. Ma leggendaria è stata anche l'impresa realizzata
dal Parco delle Alpi Apuane insieme al Comune di Stazzema che con il
supporto della Regione Toscana, attingendo a finanziamenti comunitari,
al termine di un percorso irto di difficoltà, il 4 agosto del
2001 ha trasformato in realtà un sogno accarezzato per anni da
tutta la comunità: l'apertura del percorso turistico nel ventre
della montagna, salutato come un valido trampolino di lancio per lo
sviluppo dell'economia del territorio fino a quel momento fondata essenzialmente
sull'attività estrattiva.
Da allora, l'Antro del Corchia accorcia le distanze tra il mare e la
montagna, invitando alla scoperta delle mille meraviglie dell'Alt(r)a
Versilia: antichi alpeggi, eremi incassati nella roccia, borghi pittoreschi
dove il tempo sembra essersi fermato, sulle tracce di sapori perduti,
lungo itinerari impregnati di storia e di cultura che parlano di leggende
lontane, della tradizione e del folklore delle genti di questa terra.
Quella Versilia fatta non solo di ombrelloni in tela colorata ma anche
di rocce, guglie e torrioni che sono il tetto di una fascia di terra
lambita dal mare da dove quelle vette sembrano talmente vicine da poterle
quasi toccare..ora illuminate dalle luce radente del tramonto, ora incappucciate
da una suggestiva coltre di nubi, fine manto di rugiada a incorniciare
gli spigolosi profili degli alteri volti di pietra.
IL MONTE FORATO
I Folletti di San Pellegrino
Una
leggenda racconta che mentre San Pellegrino stava pregando nella selva,
spiriti, demoni e folletti lo attaccarono. Egli alzò la sua croce
ed essi scapparono nel cielo in direzione del mare creando così
un buco nella Pania che da allora venne chiamata Pania Forata.
le
Tentazioni del Diavolo
Il
diavolo tentava il santo in ogni modo per impedirgli di pregare. Un
giorno Satana andò da lui sottoforma di drago, poi diventò
una bellissima donna che cercò di sedurlo. Ma il santo non cedette.
Così il demonio decise di schiaffeggiarlo personalmente ed il
santo cadde a terra tramortito. Ma nonostante ciò non si dette
per vinto e schiaffeggiò nuovamente il diavolo così potentemente
che Satana attraversò l'intera valle e quando arrivò contro
le Panie creò il foro.
La
Madonna e il Monte Forato
Quando la Sacra famiglia scappò da Erode, raggiunse la Versilia
alla ricerca di un rifugio sulle montagne circostanti. La Madonna con
un colpo riuscì ad aprire un buco e a scendere nella valle del
Serchio. Quella montagna é oggi il Monte Forato.
IL MONTE PROCINTO
Il Monte Procinto si trova nelle Alpi Apuane meridionali. Si tratta
di un enorme torrione di calcare dalla forma bizzarra e dall'aspetto
inquietante. Molti botanici vi si recavano per raccogliere specie di
fiori che crescono solo sulla cuspide rocciosa come, ad esempio, la
radice della Mandragola. Quest'ultima doveva essere estirpata sulla
cima del Procinto nelle notti di luna piena. Tutto ciò richiedeva
coraggio perché si dice che, quando si tentava di strappare la
pianta dalla terra, questa emetteva delle grida talmente insopportabili
che, colui che la estirpava, poteva essere vinto dallo spavento e morire
all'istante. Ma se, una volta raccolta, veniva ben conservata e ad ogni
nuova luna si avvolgeva in un panno di lino bianco e rosso, poteva allontanare
i mali dalla casa e guarire le fratture.
Antiche leggende parlano di tesori nascosti nelle grotte che si aprono
sui fianchi della montagna. In alcune di esse si dice vi siano sepolti
favolosi tesori portati lassù da pirati dopo aver trafugato case
e paesi.
Intorno al Procinto ci sono altri torrioni più piccoli, i cui
profili ricordano vagamente quelli di volti umani. Essi sono conosciuti
da tutti come i "bimbi del Procinto".
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