parlarci del tuo trekking descrivendo il luogo di partenza, i sentieri percorsi, i giorni nei quali hai camminato, quanti eravate, dove e come avete dormito, le vostre sensazioni nella natura o di fronte a luoghi storici, ecc.
Insomma descriveteci la
VOSTRA AVVENTURA!!
Invia testo e immagini.










 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La scheda tecnica e informazioni generali:
Abbiamo scelto come punto di partenza il Passo delle Radici, che si trova sul crinale appenninico dove finisce la Garfagnana e dove inizia la provincia di Modena. Molto vicino allo storico valico di S. Pellegrino....................continua

Il racconto di quei giorni
:
19.07.02 (Primo Giorno)

Rifugio Battisti

Partenza puntuale. Il sacco all'inizio sembra un macigno invincibile, ma sono confortato dalla comodità della maglietta high- tech che mi sono messo, non come dicono i maligni per mostrare il fisico, ma perchè ha una resa superiore.

Angelo arriva direttamente vestito alla bisogna, tanto che con qualche piumazzo attaccato alla variopinta maglietta da ciclista sembrerebbe giunto direttamente dal carnevale di Rio.
Alberto constata la difficoltà di eseguire un'operazione semplice come fare un biglietto del pulmann in presenza di una bigliettaia semi- mongoloide.

C'è ottimismo ma anche qualche timore strisciante: siamo quasi tutti novizi, il fisico, maglietta hightech a parte; ci aiuterà?

Il pulmann parte con precisione non teutonica, con a bordo anche diverse turiste "merigane" che arrivano fino alla villa Medicea di Poggio a Caiano; noi, fratellini di Messner, le guardiamo con un certo benevolo distacco: a loro il turismo, a noi l'avventura.
La Lucia tenta una prima ringambata dall'impresa col pretesto di farsi un panino alla prima sosta, subito riacchiappata dal solerte servizio di sorveglianza tedesco impersonato dalla Claudia.
Boia chi molla!

Senza ulteriori scossoni e con qualche goccia di pioggia ed innumerevoli curve, si arriva a Pievepelago , ivi raccolti dal tassista e dalla di lui consorte invero assai procace che provoca qualche commento vagamente greve dei componenti maschili del gruppo.

Al Passo delle Radici primo spuntino di incoraggiamento e io, ne approfitto per smerciare ai riluttanti compagni qualche decina di bustine di sali integratori. procuratemi su precisa disposizione del patron Angelo; per cui non me le possono neanche tirare sul groppone.

Si parte! Euforia, ottimismo, acqua ghiaccia nelle borraccie, materiale high-tech mostrato con orgoglio, primi dubbi sulla direzione da prendere, foto di gruppo e si và.
Il panorama è subito vario; prati si alternano a boschi, pianure a discese, fino a che non si arriva al primo punto "MKG"; abbreviazione sulle cartine C.A.I che sta per "makke sietegrulli!!", esclamazione di giubilo misto a meraviglia ed esultanza che sottolinea ed esprime ed esprime tale stato di benessere da ahi la pronuncia.

Si vedono le Apuane a sinistra e qualcos'altro a destra, ma per me l'ammirazione per il paesaggio travalica la voglia di imparare e memorizzare nomi e dati.

Siamo su un crinale, braccia si protendono ad indicare i vari punti ai compagni, così sarà per molte altre volte durante la sera, con la montagna che, benigna, voluttuosamente si scopre, liberandosi, dalle nubi e mostrandoci tutto lo spettacolo della sua beltà.

La montagna offre inoltre i suoi frutti al viandante, in particolare mirtilli in abbondanza, per cogliere i quali si improvvisano fermate di golosa raccolta. Si impara poi dalla Laura, esperta di erbe, che ve ne sono di due tipi ( mirtilli falsi - bianchi dentro -e- mirtilli -veri , rossi e succosi ) ma io ingollo un po' tutto come capita perchè la voracità da sforzo non è ben controllabile.

La parte più dura inizia dopo una sosta ad un incrocio dove c'è una lapide commemorativa di Pascoli. Una salita spazzata da un vento ghiaccio obbliga la comitiva ad aprire il sacco e prendere giacche a vento e quant'altro per ripararsi.

Proprio in quel punto si viene a sapere da una segnaletica che - aihmè - manca ancora un'ora e quaranta minuti al rifugio, per cui si decide di abbandonare l'atteggiamento contemplativo e simil-mistico e di pedalare di buona lena verso la cena ormai agognata.

Un incontro inaspettato ci obbliga però a fermarci incantati ad ammirare un capriolo di passaggio. Il medesimo appare altrettanto stupefatto, tanto da fermarsi un paio di volte ad osservare questo nugolo di animali sconosciuti e variopinti, prima di allontanarsi con l'aria di dire " adesso le ho proprio viste tutte".

Il percorso è ancora vario: bosco, prato, salita, discesa, i panorami continuano a non deludere. II tempo previsto dall'ultima segnalazione si allunga ancora un poco.

Ad un certo punto trilla il cellulare. II gestore del Battisti ci chiede conferma del nostro arrivo. "Butta la pasta - gli dico - e di molta; che s'ha parecchia fame!"
II sole ormai cala illuminando i nostri volti stanchi ma soddisfatti dello sforzo compiuto.

Si fa in tempo a godere di un'ultima immagine quasi religiosa: Enrico sotto la bandiera italiana del rifugio con la luna sullo sfondo.
Poi, la sgrifata, senza nemmeno il tempo per una veloce sciacquettata. E, dopo le caviglia e i ginocchi, adesso si lavora - e bene - di ganascia.

Frattanto emerge all'interno del gruppo una nuova figura di leader. Enrico svetta a capotavola nella sua regale postura, fresco, lucido, il viso tonico, lo sguardo presente, distribuisce ed illustra materiale e documentazione dei posti che vedremo; potrebbe essere, con adeguata uniforme, uri generale americano durante il briefing quotidiano per la stampa.

Tutto ciò contrasta nettamente con la figura di Alberto le cui membra volgono invece verso il basso; palbebre, occhi, guance, spalle, tutto è cadente, sembra giggiriva il primo giorni di scuola o un brigatista fresco di pestaggio al fotosegnalamento.
Io d'altronde non posso fare il grosso: la fatica mi curva sul piatto come un ciclista sul manuvrio in una prova a cronometro. Il vino e la grappa fanno il resto imponendomi una ilarità scomposta e prodoma al riposo imminente.
Cena ottima.

20.07.02 (Secondo Giorno)

Passo di Cerreto

Oggi, subito dopo il giorno d'inizio, imposto dalla natura e dalla conformazione della montagna, c'è il tappone "dolomitico" da tutti temuto per l'ancora scarsa assuefazione allo sforzo prolungato. Per incoraggiamento, mi viene subito affibiato il tendone che, a giudicare dal peso, potrebbe tranquillamente ospitare il circo Togni.
Ma tant'è, ci si abitua presto al peso; tanto da meravigliarsi al pensiero di come sarebbe leggiadra, quasi noiosa, la camminata senza alcun fardello.

In partenza, si acquisisce un nuovo compagno, tale Ugo, simpatico spilungone pratico di queste contrade, che si congederà da noi a metà giornata, preannunciandoci una solenne e programmata ciucca serale in compagnia degli amici alpini, tanto da dubitare, circa il mantenimento della capacità deambulatoria, una volta messo in atto tale gioioso progetto.
Il tempo splende, il sole esalta il verde chiaro dei campi e vieppiù si staccano da esso le variopinte macchioline che formano un breve serpentello all' interno dei prati.
L'inizio è facile, c'è una strada carreggiabile, il gruppo cicaleccia amabilmente.

Poi si arriva ad un sentiero sempre più stretto; con un panorama sempre più spettacolare. L'occhio è combattuto tra il prepotente paesaggio di distese verdi ed imponenti montagne sullo sfondo e lo stradino esiguo, da percorrersi quasi a passò di danza, per evitare insidiosi inciampi ed ipotetica caduta nella voragine sottostante.
A tal proposito la Lucia, per evitare sguardi perigliosi ai mimacciosi dirupi, e per accorciare l'angoscia che le deriva dalla sensazione di vertigine, accellera prepotentemente in testa al gruppo, sgassettando in modo degno del miglior Pantani appena punturato.

Poi lo stradino finisce e con esso 1'horror vacui, e si ritorna in una via a prova di inciampo. Io vengo assalito quasi all'unisono da due tafani della specie "bucaiolis" che mi pungono ad un polso ed al polpaccio causandomi rilevanti gonfiori.

A parte ciò, sono costantemente seguito da un nugolo di mosche che mi scambiano per una mucca itinerante.
La strada si allarga ancora, diventa carrozzabile, si esce dagli itinerari battuti dai pochi eletti. Fino al ristorante "Carpe.Diem" del passo di Padarena si torna alla passeggiata tipo scampagnata domenicale, in un'atmosfera del tutto rilassata.

La gamba vi libera come la parola, la chiacchera è spensierata. Il ristorante è una mèta sospirata, perchè la fame si fa sentire ed il panino è un premio che sentiamo meritato.

Mentre si sgrana alla grande occupando interamente la terrazina antistante il locale, quasi impedendo il transito agli avventori, sorge il grande tormentone del giorno : se passare dal monte "La nuda" o tagliare prima per il bosco prendendo il sentiero "649" e risparmiare - a sentire Ugo - circa un' ora di cammino.

I primi dissidenti sono : io, la Sandra e la Laura; per motivi più che altro fisici: la giornata è lunga, le ore di cammino saranno comunque almeno 8, bisogna risparmiare le energie nell'ottica dell'intero giro, per amministrarsi al meglio. Per me c'è il problema dei ginocchi: 600 metri di dislivello a rotta di collo in discesa con le gambe stancucce potrebbero essere un problema. Si valuta la possibilità di dividere il gruppo in due tronconi per riunirlo successivamente al Passo di Cerreto:

Arrivati al bivio, il dibattito si fa vibrante, si bilanciano i pro e i contro la"Nuda" si staglia non lontanissima e abbastanza invitante. Ci sono varie oscillazioni all'interno degli schieramenti, le maggioranze cambiano ad ogni momento, poi alla fine la mia voglia di non rischiare prevale: si scende per il famigerato "649" che è angusto, buio e poco allettante.

Addirittura si teme di perderlo ad ogni passo. Poi via via si allarga; ma tutto sommato è una pena: il bosco è bello, ma non è solo discesa, ci sono anche due discrete salite nel mezzo. Ad un certo punto la discesa si fa ripida, bisogna puntellarsi con forza anche col bastone.

Le foglie rendono il procedere più scivoloso, la fatica opprime le giunture, i sassi obbligano a contorcimenti innaturali le caviglie ed i ginocchi. -

Scendiamo giù da un'ora e non sappiamo quando finirà.
All'improvviso il bosco si apre in un prato e ci arrestiamo di colpo inibendo l'emissione di fiato e la vibrazione delle corde vocali: un bel capriolo è di fronte a noi a circa SO metri, si arresta quel tanto che basta a noi per ammirarlo.

Poi di nuovo bosco, ombra, sassi, imprecazioni e stanchezza.
Secondo incontro meno significativo ma simpatico: un piccolo ranocchio giallo che si mimettizza con le foglie di tale colore e salta imitando un'esultanza calcistica.

Si riparte tra le minaccie di qualche componente il gruppo ad abbandonarsi a grida scomposte se il bosco non finisce entro breve.

Ma si prosegue e si odono in lontananza le prime macchine, la civiltà è prossima, ma non tanto come vorremmo.
Alla fine si sbuca sul tracciato di un impianto di risalita. La Lucia si stende sul prato sbracandosi con i piedi sopra lo zaino e annunciando la fine del sua incedere.

Si arriva al paese di Cerreto Laghi alla spicciolata come un esercito allo sbando, smollando gli immani pondi sulla piazzetta principale, giustappunto di fronte al lago, principale attrazione del paese.
Si viene a sapere che i km di asfalto che ci separano dalla pensione al passo di Cerreto sono 5 e non 3, come se in quest'ultimo caso li avremmo potuti percorrere fischiettando.

A questo punto il decisionismo sostituisce la forza ormai estintasi in toto. Alzo la cornetta e faccio capire all'albergatore che, se non ci vengono a prendere con qualche abitacolo motorizzato, noi ci rivolgeremo alla concorrenza in loco. Il gestore capisce il messaggio - non tanto subliminale - e prende, al volo a quanto si è poi capito, il primo conducente di pulmino che gli capita nei paraggi il quale, quasi totalmente ignaro della ragione del suo compito, tuttavia esegue, forse in virtù di una generica solidarietà tra conterranei di montagna.


21.07.02 (Terzo Giorno)

Lago di Monte Acuto

In attesa della colazione, dopo aver saltato la cena a causa di un'intossicazione da olio di tonno che è tornato su prepotentemente dopo un sonnellino serale che, a causa della posizione supina, ha fatto risalire il viscido liquido per le cavità digestive tanto da rendere indesiderabile ogni deglutizione.

Ieri è stata una semitappa, nel senso che alle 2 di pomeriggio dopo le 4 ore annunciate di cammino abbiamo già fatto festa per goderci la pace del laghetto situato attiguo al rifugio. Quest'ultimo è assai carino e tutto in legno, con un'unica camerata dai letti appaiati tipo casetta di Biancaneve e i sette nani.

La tappa di ieri dicevamo è stata piccola ma anch'essa piuttosto spettacolare ed impegnativa, avendo affrontato almeno tre salite l'ultima delle quali, imboscata, piuttosto ignorante, come è stata definita, in quanto ci si doveva aiutare con vigorose spinte di braccia ed avvinghiandosi agli alberi, e issandosi sul bastone per darsi lo slancio sufficiente a non rinculare .

Dopo la seconda salita c'è stata una discesa lunga e declinante, non difficile ed immersa in un bel verde scintillante.

La sera prima ( e questo è un flash-back degno di un grande narratore ) la lunga sfacchinata era stata premiata da una cena luculliana, avanzo di un pranzo di nozze da emirati arabi, che poteva fare da spunto per uno spot di pubblicità - progresso per la sensibilizzazione , tramite tale esempio negativo, sulla fame nel mondo. Zuppa di funghi, tagliatelle casarecce con funghi, ravioli al sugo, tagliata di rucola, in un crescendo infinito, culminato con un brindisi ad Enrico che festeggiava il compleanno con un degno banchetto.

Nel frattempo era arrivato Alessandro per ritirare dal gruppo la Lucia, richiamata da impegni di lavoro. Il suo arrivo è opportuno anche per portarci -via dalle spalle le odiate tende, senza le quali ci sembrerà di librarci come libellule.

22.07.02 (Quarto Giorno)

Prato Spilla

Arrivati in questa località non propriamente amena, dove avevamo già prenotato l'albergo il giorno prima.
All'arrivo c'è una certa delusione dovuta al fatto che il posto è piuttosto desolato; sembra anzi quasi abbandonato a sè stesso nei mesi estivi, per vivere il suo fulgore solo in quelli invernali, essendo punto di arrivo di una pista di sci. ,
Non c'è praticamente anima viva, eccetto due camper i cui abitanti bizzarramente hanno eletto a luogo di sosta tale luogo, ed anche l'albergo - amara sorpresa - è desolatamente chiuso per lutto come annuncia un cartello nel quale si precisa che l'apertura avrà luogo nel pomeriggio.

Si scatena quindi subito un acceso dibattito sul da farsi, nel corso del quale si prospettano varie ed a volte pittoresche ipotesi operative:

1) andare al paese più vicino ( Rigoso) per pranzare, in quanto siamo a digiuno;
2) andare a Rigoso, comprare da mangiare per pranzo, cena, colazione e pranzo del giorno dopo ed andare a dormire alla capanna vicino ad un laghetto soprastante a 40' di cammino;
3) andare alla suddetta capanna e al suddetto laghetto, vederli, e tornare indietro per la cena;
4) andare io ed Angelo di corsa al paese, comprare da mangiare per tutti, portandolo , sempre di corsa, entro poco tempo, ai compagni;
5) restarcene tutti quanti all'ombra sfidando lo squallore del posto , ed aspettare con calma l'apertura dell'albergone;
6) andare alla suddetta capanna e al suddetto laghetto senza alcun cibo, dedicando le restanti ore di luce alla caccia, mediante mezzi improvvisati, di conigli, ranocchi e quant'altro, e dormire là.

Nel frattempo, si nota che la struttura alberghiera ricorda vagamente quella dove è stato ambientato "Shining" e la cosa non ci tira su di morale.

Si nota inoltre la carcassa di una parte di un aereo biposto che si era schiantato qui vicino l'ultimo inverno, e ciò non ci rallegra.
L'unico individuo che sostava nelle vicinanze spippolando sul suo cellulare e che avevamo eletto a sua insaputa a "chauffeur" per un passaggio al paese in quanto automunito, piglia e si leva di torno, facendo riaccendere il dibattito sul da farsi.

Alla fine, accertata l'impossibilità della escursione alla capanna che, nel frattempo, alcuni cercatori di funghi di passaggio avevano annunciato essere a 1 ora e 20' di cammino ( anzichè 40'), si decide di partire in 6 per Rigoso, ormai mitizzata come un' urbe dalle mille attrattive, con Enrico custode del baccellaio assieme ad un ex militare tedesco - riciclatosi escursionista che, dopo aver ordinato ad Alberto di fargli da segretario prenotandogli un albergo in altra località, si stravacca su una sedia a sdraio vicino ai nostri zaini, tenendo a precisare che non li avrebbe guardati, essendo ormai prossimo alla ronfata.

Lillèri è lallèri , senza pesi sul groppone ci avviamo cantando per la strada asfaltata in leggero declivio alla volta del paesiello, rallegrandoci ad ogni passo della riacquistata leggiadria, tra scherzi e motti, chinandoci sovente per suggere i frutti del bosco limitrofo ed anche saltando su un albero di amarene, ricordando l' insufficiente dosaggio di frutta e verdura in questa itinerante vacanza.

Angelo in quest'intento innavertitamente mi zompa sulla macchina fotografica e per poco non fa danni.

Arrivati al paesiello, subito esultiamo per la vista di un ameno barretto dove con calma levantina ci preparano n. 5 panini, 2 birrette e 1 gelato che ci faranno pagare a prezzi giapponesi.
Alberto si indugia nella vicina chiesetta per scontare parte del cospicuo arretrato di penitenze da confessionale, nel mentre con occhio professionale sbircia l'architettura della costruzione.
Si riparte, ma adesso siamo meno frizzanti ed emergono palesi intenti di autostop, frustrati dalla inconsistenza del traffico locale che un improvvisato monitoraggio constata consistere in n. 2 auto in circa 30', la seconda delle quali è condotta dal gestore dell'albergo che carica solo Angelo e Laura, in quanto noi altri tre abbiamo ancora qualche residua banana che ci permette di coprire i restanti 2 km.

La cena tanto agognata non ci soddisfa in quanto piuttosto raffazzonata. Le lasagne sono al livello di "Quattro salti in padella" ed infatti tutti cercano di rivogarmele incontrando il mio tattico rifiuto, memore del malore a causa del quale solo la sera prima avevo dovuto subire un salto di cena.
Il tedesco mangia al tavolo accanto con i capelli pettinati alla Adolf e si conferma anche alla seconda impressione inidoneo a svolgere le mansioni di animatore di un villaggio vacanze.

23.07.02 (Quinto Giorno)


Lago Santo parmense.

Io triunphe! La seconda tappona del tour degli appennini si è appena conclusa con soddisfazione di tutti i componenti la carovana.

La stanchezza della tappa è stata premiata dall'agognato premio del traguardo che è questo lago stupendo nella sua bellezza nascosta e quasi innaccessibile.
Con grande gaudio i componenti il gruppo si sono gettati prima sotto una fontana di acqua ghiacciata, poi direttamente dentro le verdi acque del lago, prima fino al ginocchio poi interamente, incuranti dei vaghi divieti dovuti all'attività di pesca, peraltro oggi non esercitata.

Dopodichè, rinfrancati e rinfrescati , ci dedichiamo alle nostre consuete attività (lettura, scrittura, pittura) . La Sandra prova ad esercitare quelle poche ed improbabili nozioni di pesca al fine di poter eventualmente issare qualche trota per consumarla goduriosamente a cena. In realtà, tale lodevole intento già si arena nella fase preliminare del reperimento delle esche, nonchè nell'acquisizione dello strumento principale, la canna.

Cosicchè non ci resta che attendere la cena fiduciosi che comunque sarà migliore di quella di ieri, che tra l'altro ha causato la seconda intossicazione alimentare di questo tour, subita dalla Laura che ha pagato dazio alle orrende lasagne, il cui bis era stato non generosamente proposto al sottoscritto il quale però ( perseverare è diabolico ) questa volta si è saputo amministrare.
E' stato il giorno dei crinali , che abbiamo pesticciato per tutta la giornata in un susseguirsi di saliscendi spettacolari che offrivano vedute stupende a destra e manca, strapiombi mozzafiato e visioni idilliache.

Tanti laghi abbiamo visto dall'alto ( si attraversava giustappunto il "parco dei cento laghi") e anche un gruppo di cavalli felici nel loro spensierato galoppare, nonchè una famigliola di caprette che ci osservavano curiose, incredibilmente asserragliate su uno dei picchi più protesi nel vuoto.
La prima parte, prima della sosta decisa dal co-patron della corsa dopo 4 ore e 40' alla prima radura di bosco, è stata la più dura; con un'ascesa di 400 metri di dislivello esposto al sole e al vento. Tale sosta non è stata tuttavia confortata dalla qualità dei panini che non superava quella della cena di ieri sera. La loro mole, consistente all' 80% di mollica è stata drasticamente ridotta per andare ad alimentare la fauna del luogo.
Angelo ha tentato inutilmente di farci consumare il cappuccino espresso liofilizzato, faticosamente trasportato per tutti questi giorni, scontrandosi con l'obiezione non campata in aria della scarsità d'acqua causa l'inesistenza di fonti lungo il cammino odierno.

24.07.02 (Sesto Giorno)

Vezzano Scalo.

Siamo sulla via del ritorno, in attesa del treno che ci deve condurre a Pisa e poi a Firenze, in tal posto chiamato Vezzano Scalo.

L'ultima tappa è stata piacevole e non troppo dura - oltrechè breve - ma una certa stanchezza si affaccia tutta insieme nelle nostre membra, forse a causa della mente ormai rilassata, oppure del fatto che l'aria pungente dell'altitudine è ormai un ricordo.
Tappa tutta di bosco con l'ultimo tratto che si è aperto su prati ondulati dove il passo scorreva veloce e l'occhio si perdeva nei vasti aperti orizzonti, salvo entrambi ( il passo e l'occhio ) bloccarsi di colpo concentrandosi dopo una zummata su alcuni pallini rossi chiamati lamponi.

Il tragitto di circa 3 ore e 15' è terminato - e con esso il nostro itinerario - al passo del Cirone dove sono venuti a prenderci i due tassisti convocati telefonicamente il giorno prima, il primo dei quali ha decisamente bocciato i funghi porcini da noi trovati nel bosco, affermando con tono da Cassazione che mangiandoli "non saremmo tornati più lì" ( nè altrove, abbiamo dedotto noi ).
Indi siamo scesi a Pontremoli, condotti dal secondo tassista logorroico che ci ha illustrato - dribblando le placide mucche disseminate sul percorso - la vita , le abitudini, nonchè le risorse della terra pontremolese.

La cena della sera precedente era stata sontuosa e degna di un gran finale, ampiamente soddisfacendo la truppa famelica ed anche assetata; vista la grande dispersione di sali, lasciati sul terreno durante la giornata di cammino.
Cena resa vieppiù gradevole dalla cordialità formato familiare della gestrice che ci ha anche messo a parte dei segreti della preparazione delle sue splendide salsicce.
Il tutto alfine innaffiato da ripetute grappe e liquori di vario tipo, che hanno ravvivato ancor più l'allegro cicaleccio che si è protratto ben oltre la fine della cena, mentre io ne approfittavo per consultare un ricco volume fotografico sulla storia del Parma Calcio.
Poscia di che ci recammo fuori del rifugio per ammirare la luccicante luna benedicente il placido lago che illuminava grazie alla sua pienezza:

Il sottoscritto, già anticipatamente malinconico per l'ormai prossimo termine della vacanza itinerante, proponeva invano un prolungamento di un giorno da spendersi percorrendo un tratto della via francigena, da Aulla a Santo Stefano in Magra, in pianura, e lungo tratturi e mulattiere, forse di recente segnati a benefico dei viandanti pellegrini diretti per il giubileo verso la città santa.

Ma il progetto cade li, accolto solo da un'attenzione di pura cortesia, facendomi capire che la strada per diventare un organizzatore di trekking a tappe è per me ancora lunga.

torna su!


 

 

 



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