La scheda tecnica e informazioni generali:
Abbiamo
scelto come punto di partenza il Passo delle Radici, che si trova
sul crinale appenninico dove finisce la Garfagnana e dove inizia
la provincia di Modena. Molto vicino allo storico valico di S.
Pellegrino....................continua
Il racconto di quei giorni:
19.07.02
(Primo Giorno)
Rifugio Battisti
Partenza puntuale. Il sacco all'inizio sembra un macigno invincibile,
ma sono confortato dalla comodità della maglietta high-
tech che mi sono messo, non come dicono i maligni per mostrare
il fisico, ma perchè ha una resa superiore.
Angelo arriva direttamente vestito alla bisogna, tanto che con
qualche piumazzo attaccato alla variopinta maglietta da ciclista
sembrerebbe giunto direttamente dal carnevale di Rio.
Alberto constata la difficoltà di eseguire un'operazione
semplice come fare un biglietto del pulmann in presenza di una
bigliettaia semi- mongoloide.
C'è ottimismo ma anche qualche timore strisciante: siamo
quasi tutti novizi, il fisico, maglietta hightech a parte; ci
aiuterà?
Il pulmann parte con precisione non teutonica, con a bordo anche
diverse turiste "merigane" che arrivano fino alla villa
Medicea di Poggio a Caiano; noi, fratellini di Messner, le guardiamo
con un certo benevolo distacco: a loro il turismo, a noi l'avventura.
La Lucia tenta una prima ringambata dall'impresa col pretesto
di farsi un panino alla prima sosta, subito riacchiappata dal
solerte servizio di sorveglianza tedesco impersonato dalla Claudia.
Boia chi molla!
Senza ulteriori scossoni e con qualche goccia di pioggia ed innumerevoli
curve, si arriva a Pievepelago , ivi raccolti dal tassista e dalla
di lui consorte invero assai procace che provoca qualche commento
vagamente greve dei componenti maschili del gruppo.
Al Passo delle Radici primo spuntino di incoraggiamento e io,
ne approfitto per smerciare ai riluttanti compagni qualche decina
di bustine di sali integratori. procuratemi su precisa disposizione
del patron Angelo; per cui non me le possono neanche tirare sul
groppone.
Si parte! Euforia, ottimismo, acqua ghiaccia nelle borraccie,
materiale high-tech mostrato con orgoglio, primi dubbi sulla direzione
da prendere, foto di gruppo e si và.
Il panorama è subito vario; prati si alternano a boschi,
pianure a discese, fino a che non si arriva al primo punto "MKG";
abbreviazione sulle cartine C.A.I che sta per "makke sietegrulli!!",
esclamazione di giubilo misto a meraviglia ed esultanza che sottolinea
ed esprime ed esprime tale stato di benessere da ahi la pronuncia.
Si vedono le Apuane a sinistra e qualcos'altro a destra, ma per
me l'ammirazione per il paesaggio travalica la voglia di imparare
e memorizzare nomi e dati.
Siamo su un crinale, braccia si protendono ad indicare i vari
punti ai compagni, così sarà per molte altre volte
durante la sera, con la montagna che, benigna, voluttuosamente
si scopre, liberandosi, dalle nubi e mostrandoci tutto lo spettacolo
della sua beltà.
La montagna offre inoltre i suoi frutti al viandante, in particolare
mirtilli in abbondanza, per cogliere i quali si improvvisano fermate
di golosa raccolta. Si impara poi dalla Laura, esperta di erbe,
che ve ne sono di due tipi ( mirtilli falsi - bianchi dentro -e-
mirtilli -veri , rossi e succosi ) ma io ingollo un po' tutto
come capita perchè la voracità da sforzo non è ben controllabile.
La parte più dura inizia dopo una sosta ad un incrocio
dove c'è una lapide commemorativa di Pascoli. Una salita
spazzata da un vento ghiaccio obbliga la comitiva ad aprire il
sacco e prendere giacche a vento e quant'altro per ripararsi.
Proprio in quel punto si viene a sapere da una segnaletica che
- aihmè - manca ancora un'ora e quaranta minuti al rifugio,
per cui si decide di abbandonare l'atteggiamento contemplativo
e simil-mistico e di pedalare di buona lena verso la cena ormai
agognata.
Un incontro inaspettato ci obbliga però a fermarci incantati
ad ammirare un capriolo di passaggio. Il medesimo appare altrettanto
stupefatto, tanto da fermarsi un paio di volte ad osservare questo
nugolo di animali sconosciuti e variopinti, prima di allontanarsi
con l'aria di dire " adesso le ho proprio viste tutte".
Il
percorso è ancora vario: bosco, prato, salita, discesa,
i panorami continuano a non deludere. II tempo previsto dall'ultima
segnalazione si allunga ancora un poco.
Ad un certo punto trilla il cellulare. II gestore del Battisti
ci chiede conferma del nostro arrivo. "Butta la pasta - gli
dico - e di molta; che s'ha parecchia fame!"
II sole ormai cala illuminando i nostri volti stanchi ma soddisfatti
dello sforzo compiuto.
Si fa in tempo a godere di un'ultima immagine quasi religiosa:
Enrico sotto la bandiera italiana del rifugio con la luna sullo
sfondo.
Poi, la sgrifata, senza nemmeno il tempo per una veloce sciacquettata.
E, dopo le caviglia e i ginocchi, adesso si lavora - e bene -
di ganascia.
Frattanto emerge all'interno del gruppo una nuova figura di leader.
Enrico svetta a capotavola nella sua regale postura, fresco, lucido,
il viso tonico, lo sguardo presente, distribuisce ed illustra
materiale e documentazione dei posti che vedremo; potrebbe essere,
con adeguata uniforme, uri generale americano durante il briefing
quotidiano per la stampa.
Tutto ciò contrasta nettamente con la figura di Alberto
le cui membra volgono invece verso il basso; palbebre, occhi,
guance, spalle, tutto è cadente, sembra giggiriva il primo
giorni di scuola o un brigatista fresco di pestaggio al fotosegnalamento.
Io d'altronde non posso fare il grosso: la fatica mi curva sul
piatto come un ciclista sul manuvrio in una prova a cronometro.
Il vino e la grappa fanno il resto imponendomi una ilarità scomposta e prodoma al riposo imminente.
Cena ottima.
20.07.02
(Secondo Giorno)
Passo
di Cerreto
Oggi, subito dopo il giorno d'inizio, imposto dalla natura e dalla
conformazione della montagna, c'è il tappone "dolomitico" da tutti temuto per l'ancora scarsa assuefazione allo sforzo prolungato.
Per incoraggiamento, mi viene subito affibiato il tendone che,
a giudicare dal peso, potrebbe tranquillamente ospitare il circo
Togni.
Ma tant'è, ci si abitua presto al peso; tanto da meravigliarsi
al pensiero di come sarebbe leggiadra, quasi noiosa, la camminata
senza alcun fardello.
In partenza, si acquisisce un nuovo compagno, tale Ugo, simpatico
spilungone pratico di queste contrade, che si congederà
da noi a metà giornata, preannunciandoci una solenne e
programmata ciucca serale in compagnia degli amici alpini, tanto
da dubitare, circa il mantenimento della capacità deambulatoria,
una volta messo in atto tale gioioso progetto.
Il tempo splende, il sole esalta il verde chiaro dei campi e vieppiù si staccano da esso le variopinte macchioline che formano un breve
serpentello all' interno dei prati.
L'inizio è facile, c'è una strada carreggiabile,
il gruppo cicaleccia amabilmente.
Poi si arriva ad un sentiero sempre più stretto; con un
panorama sempre più spettacolare. L'occhio è combattuto
tra il prepotente paesaggio di distese verdi ed imponenti montagne
sullo sfondo e lo stradino esiguo, da percorrersi quasi a passò di danza, per evitare insidiosi inciampi ed ipotetica caduta nella
voragine sottostante.
A tal proposito la Lucia, per evitare sguardi perigliosi ai mimacciosi
dirupi, e per accorciare l'angoscia che le deriva dalla sensazione
di vertigine, accellera prepotentemente in testa al gruppo, sgassettando
in modo degno del miglior Pantani appena punturato.
Poi lo stradino finisce e con esso 1'horror vacui, e si ritorna
in una via a prova di inciampo. Io vengo assalito quasi all'unisono
da due tafani della specie "bucaiolis" che mi pungono
ad un polso ed al polpaccio causandomi rilevanti gonfiori.
A
parte ciò, sono costantemente seguito da un nugolo di mosche
che mi scambiano per una mucca itinerante.
La strada si allarga ancora, diventa carrozzabile, si esce dagli
itinerari battuti dai pochi eletti. Fino al ristorante "Carpe.Diem" del passo di Padarena si torna alla passeggiata tipo scampagnata
domenicale, in un'atmosfera del tutto rilassata.
La gamba vi libera come la parola, la chiacchera è spensierata.
Il ristorante è una mèta sospirata, perchè
la fame si fa sentire ed il panino è un premio che sentiamo
meritato.
Mentre si sgrana alla grande occupando interamente la terrazina
antistante il locale, quasi impedendo il transito agli avventori,
sorge il grande tormentone del giorno : se passare dal monte "La
nuda" o tagliare prima per il bosco prendendo il sentiero
"649" e risparmiare - a sentire Ugo - circa un' ora
di cammino.
I primi dissidenti sono : io, la Sandra e la Laura; per motivi
più che altro fisici: la giornata è lunga, le ore
di cammino saranno comunque almeno 8, bisogna risparmiare le energie
nell'ottica dell'intero giro, per amministrarsi al meglio. Per
me c'è il problema dei ginocchi: 600 metri di dislivello
a rotta di collo in discesa con le gambe stancucce potrebbero
essere un problema. Si valuta la possibilità di dividere
il gruppo in due tronconi per riunirlo successivamente al Passo
di Cerreto:
Arrivati al bivio, il dibattito si fa vibrante, si bilanciano
i pro e i contro la"Nuda" si staglia non lontanissima
e abbastanza invitante. Ci sono varie oscillazioni all'interno
degli schieramenti, le maggioranze cambiano ad ogni momento, poi
alla fine la mia voglia di non rischiare prevale: si scende per
il famigerato "649" che è angusto, buio e poco
allettante.
Addirittura si teme di perderlo ad ogni passo. Poi via via si
allarga; ma tutto sommato è una pena: il bosco è
bello, ma non è solo discesa, ci sono anche due discrete
salite nel mezzo. Ad un certo punto la discesa si fa ripida, bisogna
puntellarsi con forza anche col bastone.
Le foglie rendono il procedere più scivoloso, la fatica
opprime le giunture, i sassi obbligano a contorcimenti innaturali
le caviglie ed i ginocchi. -
Scendiamo giù da un'ora e non sappiamo quando finirà.
All'improvviso il bosco si apre in un prato e ci arrestiamo di
colpo inibendo l'emissione di fiato e la vibrazione delle corde
vocali: un bel capriolo è di fronte a noi a circa SO metri,
si arresta quel tanto che basta a noi per ammirarlo.
Poi di nuovo bosco, ombra, sassi, imprecazioni e stanchezza.
Secondo incontro meno significativo ma simpatico: un piccolo ranocchio
giallo che si mimettizza con le foglie di tale colore e salta
imitando un'esultanza calcistica.
Si riparte tra le minaccie di qualche componente il gruppo ad
abbandonarsi a grida scomposte se il bosco non finisce entro breve.
Ma si prosegue e si odono in lontananza le prime macchine, la
civiltà è prossima, ma non tanto come vorremmo.
Alla fine si sbuca sul tracciato di un impianto di risalita. La
Lucia si stende sul prato sbracandosi con i piedi sopra lo zaino
e annunciando la fine del sua incedere.
Si arriva al paese di Cerreto Laghi alla spicciolata come un esercito
allo sbando, smollando gli immani pondi sulla piazzetta principale,
giustappunto di fronte al lago, principale attrazione del paese.
Si viene a sapere che i km di asfalto che ci separano dalla pensione
al passo di Cerreto sono 5 e non 3, come se in quest'ultimo caso
li avremmo potuti percorrere fischiettando.
A questo punto il decisionismo sostituisce la forza ormai estintasi
in toto. Alzo la cornetta e faccio capire all'albergatore che,
se non ci vengono a prendere con qualche abitacolo motorizzato,
noi ci rivolgeremo alla concorrenza in loco. Il gestore capisce
il messaggio - non tanto subliminale - e prende, al volo a quanto
si è poi capito, il primo conducente di pulmino che gli
capita nei paraggi il quale, quasi totalmente ignaro della ragione
del suo compito, tuttavia esegue, forse in virtù di una
generica solidarietà tra conterranei di montagna.
21.07.02 (Terzo Giorno)
Lago
di Monte Acuto
In attesa della colazione, dopo aver saltato la cena a causa di
un'intossicazione da olio di tonno che è tornato su prepotentemente
dopo un sonnellino serale che, a causa della posizione supina,
ha fatto risalire il viscido liquido per le cavità digestive
tanto da rendere indesiderabile ogni deglutizione.
Ieri è stata una semitappa, nel senso che alle 2 di pomeriggio
dopo le 4 ore annunciate di cammino abbiamo già fatto festa
per goderci la pace del laghetto situato attiguo al rifugio. Quest'ultimo
è assai carino e tutto in legno, con un'unica camerata
dai letti appaiati tipo casetta di Biancaneve e i sette nani.
La tappa di ieri dicevamo è stata piccola ma anch'essa
piuttosto spettacolare ed impegnativa, avendo affrontato almeno
tre salite l'ultima delle quali, imboscata, piuttosto ignorante,
come è stata definita, in quanto ci si doveva aiutare con
vigorose spinte di braccia ed avvinghiandosi agli alberi, e issandosi
sul bastone per darsi lo slancio sufficiente a non rinculare .
Dopo la seconda salita c'è stata una discesa lunga e declinante,
non difficile ed immersa in un bel verde scintillante.
La sera prima ( e questo è un flash-back degno di un grande
narratore ) la lunga sfacchinata era stata premiata da una cena
luculliana, avanzo di un pranzo di nozze da emirati arabi, che
poteva fare da spunto per uno spot di pubblicità - progresso
per la sensibilizzazione , tramite tale esempio negativo, sulla
fame nel mondo. Zuppa di funghi, tagliatelle casarecce con funghi,
ravioli al sugo, tagliata di rucola, in un crescendo infinito,
culminato con un brindisi ad Enrico che festeggiava il compleanno
con un degno banchetto.
Nel frattempo era arrivato Alessandro per ritirare dal gruppo
la Lucia, richiamata da impegni di lavoro. Il suo arrivo è
opportuno anche per portarci -via dalle spalle le odiate tende,
senza le quali ci sembrerà di librarci come libellule.
22.07.02 (Quarto Giorno)
Prato Spilla
Arrivati in questa località non propriamente amena, dove
avevamo già prenotato l'albergo il giorno prima.
All'arrivo c'è una certa delusione dovuta al fatto che
il posto è piuttosto desolato; sembra anzi quasi abbandonato
a sè stesso nei mesi estivi, per vivere il suo fulgore
solo in quelli invernali, essendo punto di arrivo di una pista
di sci. ,
Non c'è praticamente anima viva, eccetto due camper i cui
abitanti bizzarramente hanno eletto a luogo di sosta tale luogo,
ed anche l'albergo - amara sorpresa - è desolatamente chiuso
per lutto come annuncia un cartello nel quale si precisa che l'apertura
avrà luogo nel pomeriggio.
Si scatena quindi subito un acceso dibattito sul da farsi, nel
corso del quale si prospettano varie ed a volte pittoresche ipotesi
operative:
1)
andare al paese più vicino ( Rigoso) per pranzare, in quanto
siamo a digiuno;
2) andare a Rigoso, comprare da mangiare per pranzo, cena, colazione
e pranzo del giorno dopo ed andare a dormire alla capanna vicino
ad un laghetto soprastante a 40' di cammino;
3) andare alla suddetta capanna e al suddetto laghetto, vederli,
e tornare indietro per la cena;
4) andare io ed Angelo di corsa al paese, comprare da mangiare
per tutti, portandolo , sempre di corsa, entro poco tempo, ai
compagni;
5) restarcene tutti quanti all'ombra sfidando lo squallore del
posto , ed aspettare con calma l'apertura dell'albergone;
6) andare alla suddetta capanna e al suddetto laghetto senza alcun
cibo, dedicando le restanti ore di luce alla caccia, mediante
mezzi improvvisati, di conigli, ranocchi e quant'altro, e dormire
là.
Nel frattempo, si nota che la struttura alberghiera ricorda vagamente
quella dove è stato ambientato "Shining" e la
cosa non ci tira su di morale.
Si nota inoltre la carcassa di una parte di un aereo biposto che
si era schiantato qui vicino l'ultimo inverno, e ciò non
ci rallegra.
L'unico individuo che sostava nelle vicinanze spippolando sul
suo cellulare e che avevamo eletto a sua insaputa a "chauffeur" per un passaggio al paese in quanto automunito, piglia e si leva
di torno, facendo riaccendere il dibattito sul da farsi.
Alla fine, accertata l'impossibilità della escursione alla
capanna che, nel frattempo, alcuni cercatori di funghi di passaggio
avevano annunciato essere a 1 ora e 20' di cammino ( anzichè
40'), si decide di partire in 6 per Rigoso, ormai mitizzata come
un' urbe dalle mille attrattive, con Enrico custode del baccellaio
assieme ad un ex militare tedesco - riciclatosi escursionista
che, dopo aver ordinato ad Alberto di fargli da segretario prenotandogli
un albergo in altra località, si stravacca su una sedia
a sdraio vicino ai nostri zaini, tenendo a precisare che non li
avrebbe guardati, essendo ormai prossimo alla ronfata.
Lillèri è lallèri , senza pesi sul groppone
ci avviamo cantando per la strada asfaltata in leggero declivio
alla volta del paesiello, rallegrandoci ad ogni passo della riacquistata
leggiadria, tra scherzi e motti, chinandoci sovente per suggere
i frutti del bosco limitrofo ed anche saltando su un albero di
amarene, ricordando l' insufficiente dosaggio di frutta e verdura
in questa itinerante vacanza.
Angelo in quest'intento innavertitamente mi zompa sulla macchina
fotografica e per poco non fa danni.
Arrivati al paesiello, subito esultiamo per la vista di un ameno
barretto dove con calma levantina ci preparano n. 5 panini, 2
birrette e 1 gelato che ci faranno pagare a prezzi giapponesi.
Alberto si indugia nella vicina chiesetta per scontare parte del
cospicuo arretrato di penitenze da confessionale, nel mentre con
occhio professionale sbircia l'architettura della costruzione.
Si riparte, ma adesso siamo meno frizzanti ed emergono palesi
intenti di autostop, frustrati dalla inconsistenza del traffico
locale che un improvvisato monitoraggio constata consistere in
n. 2 auto in circa 30', la seconda delle quali è condotta
dal gestore dell'albergo che carica solo Angelo e Laura, in quanto
noi altri tre abbiamo ancora qualche residua banana che ci permette
di coprire i restanti 2 km.
La cena tanto agognata non ci soddisfa in quanto piuttosto raffazzonata.
Le lasagne sono al livello di "Quattro salti in padella" ed infatti tutti cercano di rivogarmele incontrando il mio tattico
rifiuto, memore del malore a causa del quale solo la sera prima
avevo dovuto subire un salto di cena.
Il tedesco mangia al tavolo accanto con i capelli pettinati alla
Adolf e si conferma anche alla seconda impressione inidoneo a
svolgere le mansioni di animatore di un villaggio vacanze.
23.07.02
(Quinto Giorno)
Lago Santo parmense.
Io
triunphe! La seconda tappona del tour degli appennini si è appena conclusa con soddisfazione di tutti i componenti la carovana.
La stanchezza della tappa è stata premiata dall'agognato
premio del traguardo che è questo lago stupendo nella sua
bellezza nascosta e quasi innaccessibile.
Con grande gaudio i componenti il gruppo si sono gettati prima
sotto una fontana di acqua ghiacciata, poi direttamente dentro
le verdi acque del lago, prima fino al ginocchio poi interamente,
incuranti dei vaghi divieti dovuti all'attività di pesca,
peraltro oggi non esercitata.
Dopodichè, rinfrancati e rinfrescati , ci dedichiamo alle
nostre consuete attività (lettura, scrittura, pittura)
. La Sandra prova ad esercitare quelle poche ed improbabili nozioni
di pesca al fine di poter eventualmente issare qualche trota per
consumarla goduriosamente a cena. In realtà, tale lodevole
intento già si arena nella fase preliminare del reperimento
delle esche, nonchè nell'acquisizione dello strumento principale,
la canna.
Cosicchè non ci resta che attendere la cena fiduciosi che
comunque sarà migliore di quella di ieri, che tra l'altro
ha causato la seconda intossicazione alimentare di questo tour,
subita dalla Laura che ha pagato dazio alle orrende lasagne, il
cui bis era stato non generosamente proposto al sottoscritto il
quale però ( perseverare è diabolico ) questa volta
si è saputo amministrare.
E' stato il giorno dei crinali , che abbiamo pesticciato per tutta
la giornata in un susseguirsi di saliscendi spettacolari che offrivano
vedute stupende a destra e manca, strapiombi mozzafiato e visioni
idilliache.
Tanti laghi abbiamo visto dall'alto ( si attraversava giustappunto
il "parco dei cento laghi") e anche un gruppo di cavalli
felici nel loro spensierato galoppare, nonchè una famigliola
di caprette che ci osservavano curiose, incredibilmente asserragliate
su uno dei picchi più protesi nel vuoto.
La prima parte, prima della sosta decisa dal co-patron della corsa
dopo 4 ore e 40' alla prima radura di bosco, è stata la
più dura; con un'ascesa di 400 metri di dislivello esposto
al sole e al vento. Tale sosta non è stata tuttavia confortata
dalla qualità dei panini che non superava quella della
cena di ieri sera. La loro mole, consistente all' 80% di mollica
è stata drasticamente ridotta per andare ad alimentare
la fauna del luogo.
Angelo ha tentato inutilmente di farci consumare il cappuccino
espresso liofilizzato, faticosamente trasportato per tutti questi
giorni, scontrandosi con l'obiezione non campata in aria della
scarsità d'acqua causa l'inesistenza di fonti lungo il
cammino odierno.
24.07.02
(Sesto Giorno)
Vezzano
Scalo.
Siamo sulla via del ritorno, in attesa del treno che ci deve condurre
a Pisa e poi a Firenze, in tal posto chiamato Vezzano Scalo.
L'ultima tappa è stata piacevole e non troppo dura - oltrechè
breve - ma una certa stanchezza si affaccia tutta insieme nelle
nostre membra, forse a causa della mente ormai rilassata, oppure
del fatto che l'aria pungente dell'altitudine è ormai un
ricordo.
Tappa tutta di bosco con l'ultimo tratto che si è aperto
su prati ondulati dove il passo scorreva veloce e l'occhio si
perdeva nei vasti aperti orizzonti, salvo entrambi ( il passo
e l'occhio ) bloccarsi di colpo concentrandosi dopo una zummata
su alcuni pallini rossi chiamati lamponi.
Il tragitto di circa 3 ore e 15' è terminato - e con esso
il nostro itinerario - al passo del Cirone dove sono venuti a
prenderci i due tassisti convocati telefonicamente il giorno prima,
il primo dei quali ha decisamente bocciato i funghi porcini da
noi trovati nel bosco, affermando con tono da Cassazione che mangiandoli
"non saremmo tornati più lì" ( nè altrove, abbiamo dedotto noi ).
Indi siamo scesi a Pontremoli, condotti dal secondo tassista logorroico
che ci ha illustrato - dribblando le placide mucche disseminate
sul percorso - la vita , le abitudini, nonchè le risorse
della terra pontremolese.
La cena della sera precedente era stata sontuosa e degna di un
gran finale, ampiamente soddisfacendo la truppa famelica ed anche
assetata; vista la grande dispersione di sali, lasciati sul terreno
durante la giornata di cammino.
Cena resa vieppiù gradevole dalla cordialità formato
familiare della gestrice che ci ha anche messo a parte dei segreti
della preparazione delle sue splendide salsicce.
Il tutto alfine innaffiato da ripetute grappe e liquori di vario
tipo, che hanno ravvivato ancor più l'allegro cicaleccio
che si è protratto ben oltre la fine della cena, mentre
io ne approfittavo per consultare un ricco volume fotografico
sulla storia del Parma Calcio.
Poscia di che ci recammo fuori del rifugio per ammirare la luccicante
luna benedicente il placido lago che illuminava grazie alla sua
pienezza:
Il sottoscritto, già anticipatamente malinconico per l'ormai
prossimo termine della vacanza itinerante, proponeva invano un
prolungamento di un giorno da spendersi percorrendo un tratto
della via francigena, da Aulla a Santo Stefano in Magra, in pianura,
e lungo tratturi e mulattiere, forse di recente segnati a benefico
dei viandanti pellegrini diretti per il giubileo verso la città santa.
Ma il progetto cade li, accolto solo da un'attenzione di pura
cortesia, facendomi capire che la strada per diventare un organizzatore
di trekking a tappe è per me ancora lunga.